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Chianti Rufina

Il Territorio

Tuscany position in ItalyIl Chianti Rufina, territorio vinicolo situato a nord-est della città di Firenze, alle pendici dell’Appennino Tosco- Romagnolo, è storicamente considerato uno fra i più importanti della Toscana. Situato a circa 20km dal centro del capoluogo toscano, si sviluppa all’interno dei comuni di Rùfina, Pontassieve, Londa, Pelago e Dicomano, in un ambiente di alta collina il cui clima risulta molto influenzato sia dal passaggio del fiume Sieve, il più grande affluente dell’Arno, che dalla vicinanza delle montagne dell’appennino Tosco-Romagnolo. Queste caratteristiche ambientali, insieme alla conformazione geologica, creano una zonazione molto varia ed eterogenea. Quella di Rùfina la più piccola e la più alta, sul livello del mare, tra le sette sotto-denominazioni del Chianti: occupa una superficie di 12.483 HA, di cui 750 HA iscritti all’Albo, con la potenzialità di crescere fino a circa 1000, grazie ai quali sono prodotti circa 27.000 HL pari a 3.500.000 bottiglie. Ad oggi risultano essere 22 le aziende produttrici di Chianti Rùfina, di cui 20 associate nel Consorzio Chianti Rùfina, che ne tutela e promuove la qualità.

Chianti Rùfina’s wines

Logo Chianti Rùfina

Il Chianti Rufina è un vino elegante, con una personalità decisa, giustamente tannico con importante acidità, un profumo che rimanda ad un complesso bouquet di frutti di bosco e spezie. Un vino, altresì, caratterizzato da una singolare longevità (attestata per alcune riserve di vigneti particolari, anche oltre i quaranta anni). Il vitigno tipico della zona, che deve per disciplinare comporre per almeno il 70% il vino, è il Sangiovese, uno dei vitigni più complessi da coltivare e che difficilmente trova zone adatte per la sua coltivazione: la Rùfina è una di queste!

L’etimologia del termine Sangiovese è incerta: si pensa che possa derivare da San Giovanni, oppure da forme dialettali (per esempio uva “san giovannina” o “primaticcia”, per il suo precoce germogliamento), o anche da Sangue di Giove (Sanguis Jovis) per il suo colore rosso sangue.

Il vitigno Sangiovese fu individuato per la prima volta nel 1590 da Gianvettorio Sederini che descrive il “Sangioveto o Sanghiogheto” come “vitigno sugoso e pienissimo di vino… che non fallisce mai”. Nel 1850 sono individuati i due biotipi che ancora oggi sono i più importanti:

  • Sangiovese grosso (“dolce” o “gentile”)
  • Sangiovese piccolo (“forte” o “montanino”)

È solo nel 1906 che Molon ufficializza la diversificazione ampelografica di questi due vitigni.

Il sangiovese è un vitigno molto legato al territorio, come dimostrato dal fatto che abbia assunto nomi diversi a seconda della zona di coltivazione (Brunello a Montalcino, Prugnolo a Montepulciano, Morellino nel Grossetano, Sangioveto nel Chianti) e che in purezza può esprimersi al meglio solo nei territori particolarmente vocati. Allo stesso tempo l’assemblaggio con altri vitigni è molto complesso poiché si rischia di snaturarlo nel colore e negli aromi. Per la sua alta acidità ed al tannino elegante risulta essere un vino di grande longevità.

L’utilizzo del Fiasco per il trasporto del Vino

Glass Blowers

Fino dal XIV secolo il tipico contenitore toscano per il vino è stato il fiasco: nel 1574 un bando (legge) granducale fissò la sua capacità a 2,280 litri corrispondenti a “mezzo quarto” volume che veniva certificato da un bollo con il giglio di Firenze nel rivestimento e, in epoca successiva, nel vetro. Questo recipiente di vetro, a forma di pera e con un collo molto lungo veniva soffiato a bocca dal fiascaio. Nel centro di Firenze, l’angolo formato dall’intersecarsi di via Condotta con via Calzaioli era conosciuto come Canto dei Fiascai, e tutt’oggi ne conserva il nome, perché qui molti di questi artigiani avevano le proprie botteghe o i magazzini di fiaschi. Il fiascaio, non solo produceva il contenitore di vetro (fiasco nudo), ma si occupava anche del suo rivestimento utilizzando erbe palustri come la sala o il rascello: l’impagliatura aveva la funzione di proteggere il vetro dagli urti e nello stesso tempo serviva anche come isolante termico contro le alterazioni della bevanda.

È però a partire dal 1860 che i vini della Rùfina iniziarono ad essere commercializzati all’interno del Fiasco “industrializzato” in vetro robusto, la bottiglia che ha fatto la storia del Chianti.  Questo contenitore fu prodotto per la prima volta proprio all’interno della zona del Chianti Rùfina, ed in particolare a Pontassieve.

stitching of flasks

Fra il 1856 ed 1862 la Val di Sieve ed in particolare il territorio di Pontassieve ricevettero un grande impulso economico grazie alla posa della linea Ferroviaria. Fu proprio grazie alla ferrovia che le Cantine Melini, fondate nel 1705 e situate a Pontassieve, poterono diffondere in tutto il mondo la loro invenzione: il “fiasco moderno”, realizzato in collaborazione con una vetreria di Pontassieve, di proprietà della famiglia De Grolèe.

Da Rùfina i fiaschi pieni di vino venivano trasportai a Firenze caricati “a cesta”, cioè disposti a piramide, su lunghi barrocci trainati in genere da cavalli; per allestire la cesta con circa 2000 fragili fiaschi occorrevano maestria ed esperienza: solo pochi erano capaci di costruire quel capolavoro di architettura.

wagon with flasksLungo le strade di Firenze si procedeva poi all’attenta operazione di scarico presso la taverna o la trattoria: qui ogni fiasco veniva corredato da un ciuffo di stoppa, infilato nell’impagliatura, che serviva per togliere quel sottile strato di olio che era stato appositamente messo sul vino mentre veniva infiascato. Durante la Repubblica Fiorentina una piramide enorme veniva costruita il 29 Settembre di ogni anno in occasione dell’arrivo del vino nuovo: dopo aver ricevuto la benedizione nella chiesa di via Calzaioli, il vino era portato in Palazzo della Signoria, dove il Gonfaloniere brindava insieme ai Priori alla salute del popolo fiorentino. Tradizionalmente il Carro che veniva realizzato per tale manifestazione veniva chiamato “Carro Matto”: ancora oggi, in ricordo di questa tradizione, in occasione del Bacco Artigiano, ogni anno viene ricostruito come un tempo, con fili di paglia pazientemente intrecciati e bagnati per migliorarne la lavorabilità e permettere, alla loro essiccatura, una maggior stabilità a tutta la struttura e viene portato a Firenze per la tradizionale benedizione.

Ogni anno infatti una rappresentanza del Corteo della Repubblica Fiorentina parte dal Palagio di Parte Guelfa, per poi proseguire in Via Calimala, Via Roma, e piazza San Giovanni dove raggiunge il Carro. Dopo la benedizione del vino da parte delle Autorità Religiose sul sagrato del Duomo il corteo prosegue per Via Calzaiuoli e Piazza della Signoria, dove avviene l’offerta del vino del Carro Matto benedetto alla Signoria di Firenze. Al termine dell’evento, si esibiscono infine i musici del Corteo Storico della Repubblica Fiorentina e i Bandierai degli Uffizi.

La storia del Chianti Rufina

A testimonianza della indiscussa potenzialità del territorio del Chianti, la storia vinicola di queste zone risale al periodo etrusco, VIII Sec. a.c., e si sviluppa, senza mai interrompersi, fino ai giorni nostri. Questo è dimostrato dai numerosi reperti storici rinvenuti nei terreni così come dagli infiniti castelli, ville ed abbazie e per finire alle numerose cantine che arricchiscono il territorio in ogni suo angolo.

Il nome CHIANTI ha però un’origine molto più antica, probabilmente etrusca. L’etimologia è infatti ricondotta a due termini etruschi:

  • CLANGOR (rumore): a ricordare il fragore delle frequenti battute di caccia realizzate nelle foreste di cui era ricca la zona
  • CLANTE (dall’etrusco, acqua): nome di famiglie etrusche diffuso nella zon ed a ricordare la ricchezza di acqua della zona.

Risale però al 1398 il primo documento ufficiale che riporta l’utilizzo del termine Chianti. Il mercante pratese Francesco di Marco Datini, probabilmente fondatore dell’attuale sistema bancario moderno, usa infatti per la prima volta nel 1398 il termine, sostenendo che Piero di Tino Riccio era creditore di “tre fiorini, ventisei soldi e otto denari, il prezzo di sei botti di vino Chianti bianco”.

Da quel momento sono molte le testimonianze che parlano di vino Chianti:

1404: Amedeo Gherardini di Vignamaggio scrive che sta inviando a Datini mezzo barile della sua riserva di vino di Vignamaggio, uno dei tipi di Chianti.

1427: è introdotto il catasto toscano nel quale sono individuate, nel Chianti, zone di produzione di vino “Vermiglio di Brolio, della Castellina, di Uzzano, di Gaiole, della Golpaia, di Panzano, di Lamole”

Sante Lancerio, primo sommelier della storia, consiglia a Papa Paolo III, attorno al 1536, il consumo di vino Chianti.

1685: Francesco Redi, fondatore della biologia sperimentale, laureato in filosofia e medicina, pubblica nel 1865 Bacco in Toscana, dove si legge

Lingua mia già fatta scaltra
gusta un po’, gusta quest’altro
vin robusto che si vanta
d’esser nato in mezzo al Chianti
e tra sassi
lo produsse
per le genti più bevone
vite bassa e non Broncone

9 gennaio 1661: Samuel Pepys scrive nel proprio diario di aver ricevuto due bottiglie di Florence, meglio conosciuto come Vino Vermiglio. Egli descrive i vini bianchi e rossi di Firenze come vini di buon stomaco, anche se il rosso gli risulta “un po’ costipante”.

XVII secolo: è introdotto il trasporto del vino chianti in fiaschi sigillati con olio.

mappa chianti loghi

La data chiave per il territorio del Chianti, ed anche quello di Rùfina, risulta però essere il 1716, anno in cui viene di fatto introdotta la prima tutela di produzione di un prodotto non solo in Italia ma anche in tutto il mondo.

Il Granduca dè Medici Cosimo III il 24 settembre del 1716 promulgò un bando che si intitola “Sopra la Dichiarazione de’ confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno Superiore”: per la prima volta nella storia con questo documento vengono definiti con precisione gli ambiti territoriali entro i quali dovevano essere prodotti i vini per ottenere la denominazione corrispondente.

Questo provvedimento, pur stabilendo entro quali confini il vino doveva essere prodotto per poter foggiare l’ambita denominazione, non indicava un disciplinare di produzione da rispettare, che è invece un elemento fondamentale delle moderne D.O.C.. Tuttavia, Cosimo III si premurò di promulgare anche un decreto che istituiva apposite Congregazioni di vigilanza sulla produzione: nascevano di fatto così gli attuali Consorzi di tutela del vino.

Il regno di Cosimo III, il più lungo nella storia della Toscana, fu caratterizzato da un forte declino politico ed economico, punteggiato dalle campagne persecutorie nei confronti chiunque non si conformasse alla rigida morale cattolica. In questo periodo venne a maturazione un processo di involuzione della ricerca scientifica in Toscana che fino a pochi anni prima era all’avanguardia a livello europeo. Governando sempre sul filo della bancarotta, Cosimo III ebbe soprattutto a cuore di non far decadere nelle corti europee l’importanza della famiglia dei Medici.
Tuttavia, di fronte al rischio concreto di estinzione della propria casata, andando espressamente contro gli editti imperiali, cercò di far nominare sua figlia Anna Maria Luisa come sua erede universale.
Con questa mossa le sue alleanze politiche e commerciali al di fuori dei confini toscani iniziarono a scricchiolare. Proprio in questo momento storico caratterizzato da una accelerata crisi economica, Cosimo III si preoccupò di tutelare una delle sue risorse più redditizie: il vino.

Dalla lettura dei provvedimenti in questione si evince che questi quattro vini erano gli unici che potevano essere spediti all’estero per nave. Il rispetto di norme di produzione precise rendeva infatti possibile effettuare controlli per evitare che tali bevande venissero adulterate nel corso del viaggio.
Il provvedimento politico divulgato dal Granduca aveva lo scopo di evitare un qualsiasi crollo di immagine nelle corti europee a seguito di un eventuale scandalo legato alla qualità del vino, vero e proprio “decoro della Nazione”.

BandoEgli infatti affermò:

“Tutti quei vini che non saranno prodotti e fatti nelle regioni confinate, non si possono, né devono, sotto qualsiasi pretesto, contrattare per navigare, per vino Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra, sotto le pene contenute nello enunciato bando”.

 

1851-1877:E’ intorno alla metà del XIX secolo che il Barone di Ferro, dopo un lungo viaggio in Francia, fatto con lo scopo di assaggiare i migliori vini “navigati”, ovvero adatti alla navigazione e quindi all’invecchiamento, tornò in Italia ed eseguì numerosi studi sui varietali del sangiovese e degli altri vitigni tipici della Toscana, che crescevano nelle tenute del Castello di Brolio.

In seguito ai suoi viaggi e successivi studi giunse, nel 1872, alla formula di quello che lui definì come “vino perfetto”:

  • 7/10 di Sangiovese
  • 2/10 di Canaiolo
  • 1/10 di Malvasia o Trebbiano

Fu in questo periodo che il Chianti, vinificato secondo questa formula, si impose su tutti i mercati internazionali, grazie anche all’elezione di Firenze a Capitale d’Italia.

1877:Il nome della Rùfina è così famoso nel mondo che vengono fondate le Cantine Ruffino, il cui nome trae ispirazione proprio dalla città di Rùfina.

1932:il Governo italiano amplia la zona di produzione del Chianti creando sette sottozone:

  1. Classico (ovvero il vecchio Chianti più nuovi territori a sud e soprattutto a nord);
  2. Colli Aretini;
  3. Colli Fiorentini;
  4. Colline Pisane;
  5. Colli Senesi;
  6. Montalbano;
  7. Rùfina.

1967: un ulteriore ampliamento che porta ai confini attuali.

1996:viene costituita la sottozona Montespertoli

2014: Il Chianti Classico si separa dalle altre sottozone del Chianti

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