La storia del Chianti Rufina
A testimonianza della indiscussa potenzialità del territorio del Chianti, la storia vinicola di queste zone risale al periodo etrusco, VIII Sec. a.c., e si sviluppa, senza mai interrompersi, fino ai giorni nostri. Questo è dimostrato dai numerosi reperti storici rinvenuti nei terreni così come dagli infiniti castelli, ville ed abbazie e per finire alle numerose cantine che arricchiscono il territorio in ogni suo angolo.
Il nome CHIANTI ha però un’origine molto più antica, probabilmente etrusca. L’etimologia è infatti ricondotta a due termini etruschi:
- CLANGOR (rumore): a ricordare il fragore delle frequenti battute di caccia realizzate nelle foreste di cui era ricca la zona
- CLANTE (dall’etrusco, acqua): nome di famiglie etrusche diffuso nella zon ed a ricordare la ricchezza di acqua della zona.
Risale però al 1398 il primo documento ufficiale che riporta l’utilizzo del termine Chianti. Il mercante pratese Francesco di Marco Datini, probabilmente fondatore dell’attuale sistema bancario moderno, usa infatti per la prima volta nel 1398 il termine, sostenendo che Piero di Tino Riccio era creditore di “tre fiorini, ventisei soldi e otto denari, il prezzo di sei botti di vino Chianti bianco”.
Da quel momento sono molte le testimonianze che parlano di vino Chianti:
1404: Amedeo Gherardini di Vignamaggio scrive che sta inviando a Datini mezzo barile della sua riserva di vino di Vignamaggio, uno dei tipi di Chianti.
1427: è introdotto il catasto toscano nel quale sono individuate, nel Chianti, zone di produzione di vino “Vermiglio di Brolio, della Castellina, di Uzzano, di Gaiole, della Golpaia, di Panzano, di Lamole”
Sante Lancerio, primo sommelier della storia, consiglia a Papa Paolo III, attorno al 1536, il consumo di vino Chianti.
1685: Francesco Redi, fondatore della biologia sperimentale, laureato in filosofia e medicina, pubblica nel 1865 Bacco in Toscana, dove si legge
Lingua mia già fatta scaltra
gusta un po’, gusta quest’altro
vin robusto che si vanta
d’esser nato in mezzo al Chianti
e tra sassi
lo produsse
per le genti più bevone
vite bassa e non Broncone
9 gennaio 1661: Samuel Pepys scrive nel proprio diario di aver ricevuto due bottiglie di Florence, meglio conosciuto come Vino Vermiglio. Egli descrive i vini bianchi e rossi di Firenze come vini di buon stomaco, anche se il rosso gli risulta “un po’ costipante”.
XVII secolo: è introdotto il trasporto del vino chianti in fiaschi sigillati con olio.
La data chiave per il territorio del Chianti, ed anche quello di Rùfina, risulta però essere il 1716, anno in cui viene di fatto introdotta la prima tutela di produzione di un prodotto non solo in Italia ma anche in tutto il mondo.
Il Granduca dè Medici Cosimo III il 24 settembre del 1716 promulgò un bando che si intitola “Sopra la Dichiarazione de’ confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno Superiore”: per la prima volta nella storia con questo documento vengono definiti con precisione gli ambiti territoriali entro i quali dovevano essere prodotti i vini per ottenere la denominazione corrispondente.
Questo provvedimento, pur stabilendo entro quali confini il vino doveva essere prodotto per poter foggiare l’ambita denominazione, non indicava un disciplinare di produzione da rispettare, che è invece un elemento fondamentale delle moderne D.O.C.. Tuttavia, Cosimo III si premurò di promulgare anche un decreto che istituiva apposite Congregazioni di vigilanza sulla produzione: nascevano di fatto così gli attuali Consorzi di tutela del vino.
Il regno di Cosimo III, il più lungo nella storia della Toscana, fu caratterizzato da un forte declino politico ed economico, punteggiato dalle campagne persecutorie nei confronti chiunque non si conformasse alla rigida morale cattolica. In questo periodo venne a maturazione un processo di involuzione della ricerca scientifica in Toscana che fino a pochi anni prima era all’avanguardia a livello europeo. Governando sempre sul filo della bancarotta, Cosimo III ebbe soprattutto a cuore di non far decadere nelle corti europee l’importanza della famiglia dei Medici.
Tuttavia, di fronte al rischio concreto di estinzione della propria casata, andando espressamente contro gli editti imperiali, cercò di far nominare sua figlia Anna Maria Luisa come sua erede universale.
Con questa mossa le sue alleanze politiche e commerciali al di fuori dei confini toscani iniziarono a scricchiolare. Proprio in questo momento storico caratterizzato da una accelerata crisi economica, Cosimo III si preoccupò di tutelare una delle sue risorse più redditizie: il vino.
Dalla lettura dei provvedimenti in questione si evince che questi quattro vini erano gli unici che potevano essere spediti all’estero per nave. Il rispetto di norme di produzione precise rendeva infatti possibile effettuare controlli per evitare che tali bevande venissero adulterate nel corso del viaggio.
Il provvedimento politico divulgato dal Granduca aveva lo scopo di evitare un qualsiasi crollo di immagine nelle corti europee a seguito di un eventuale scandalo legato alla qualità del vino, vero e proprio “decoro della Nazione”.
Egli infatti affermò:
“Tutti quei vini che non saranno prodotti e fatti nelle regioni confinate, non si possono, né devono, sotto qualsiasi pretesto, contrattare per navigare, per vino Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra, sotto le pene contenute nello enunciato bando”.
1851-1877:E’ intorno alla metà del XIX secolo che il Barone di Ferro, dopo un lungo viaggio in Francia, fatto con lo scopo di assaggiare i migliori vini “navigati”, ovvero adatti alla navigazione e quindi all’invecchiamento, tornò in Italia ed eseguì numerosi studi sui varietali del sangiovese e degli altri vitigni tipici della Toscana, che crescevano nelle tenute del Castello di Brolio.
In seguito ai suoi viaggi e successivi studi giunse, nel 1872, alla formula di quello che lui definì come “vino perfetto”:
- 7/10 di Sangiovese
- 2/10 di Canaiolo
- 1/10 di Malvasia o Trebbiano
Fu in questo periodo che il Chianti, vinificato secondo questa formula, si impose su tutti i mercati internazionali, grazie anche all’elezione di Firenze a Capitale d’Italia.
1877:Il nome della Rùfina è così famoso nel mondo che vengono fondate le Cantine Ruffino, il cui nome trae ispirazione proprio dalla città di Rùfina.
1932:il Governo italiano amplia la zona di produzione del Chianti creando sette sottozone:
- Classico (ovvero il vecchio Chianti più nuovi territori a sud e soprattutto a nord);
- Colli Aretini;
- Colli Fiorentini;
- Colline Pisane;
- Colli Senesi;
- Montalbano;
- Rùfina.
1967: un ulteriore ampliamento che porta ai confini attuali.
1996:viene costituita la sottozona Montespertoli
2014: Il Chianti Classico si separa dalle altre sottozone del Chianti